In seguito alle critiche espresse dal Senatore Luca Briziarelli e dai Consiglieri Comunali della Lega di Castiglione del Lago in merito alla sottoscrizione alla Convenzione di Faro sul valore del patrimonio culturale per la società, ratificata dal Comune di Castiglione del Lago – primo Comune in Italia – in data 29 dicembre 2020, l’Onorevole Walter Verini esprime il suo sostegno alla sottoscrizione e al percorso intrapreso dall’Amministrazione Comunale, attraverso una lettera aperta al Sindaco Matteo Burico, di seguito riportata integralmente.
Caro Sindaco,
ho letto che esponenti della Lega hanno espresso critiche e attacchi per l’adesione del tuo Comune – penso primo in Italia – alla Convenzione di Faro. Io, al contrario, voglio esprimere il mio sostegno per questa bella scelta di aderire alla Convenzione, ratificata dal nostro Paese a livello parlamentare il 23 settembre scorso, dopo un ritardo di quindici anni, seguendo l’azione di 19 Paesi prima del nostro.
L’Italia, infatti, è la nazione che ha il maggior numero di siti patrimonio dell’umanità riconosciuti dall’UNESCO. Costituiscono il DNA culturale del nostro Paese e tuttavia appartengono all’intera umanità perché la cultura, l’arte, come la musica, se non sono patrimonio universalmente fruibile, disattendono un diritto fondamentale dell’uomo a partecipare liberamente alla vita culturale, non solo del proprio Paese, sancito dalla Dichiarazione universale delle Nazioni Unite dei Diritti dell’Uomo e garantito dal Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali.
Per questo le critiche leghiste mosse all’iniziativa in questi giorni, oltre che strumentali e ricalcare un copione trito e asfittico, mostrano a mio giudizio una miopia culturale ed esplicitano una scarsa comprensione rispetto al valore universale che la Convenzione e l’atto da te promosso rivestono, non solo per il territorio comunale in cui l’adesione si inserisce ma per l’intera Regione Umbria, rinnovando la millenaria tradizione culturale e artistica che ha dato i natali ad alcuni dei maggiori esponenti dell’arte italiana e sede di ben sette dei siti riconosciuti dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità.
La Convenzione, infatti, ribadisce un principio universale secondo il quale un “bene comune” è di tutti e tutti sono chiamati a poterne godere ma soprattutto a tutelarlo e renderlo fruibile pensando alle future generazioni. In un Paese in cui il concetto di “bene comune”, invece, molto spesso viene inteso come “bene di nessuno”, la volontà di ispirarsi ai principi della Convenzione FARO esplicita l’esigenza di operare in quanto parte di una comunità che guarda al suo patrimonio con una visione ampia, lunga, proiettata al futuro e che intende tramandare non solo ai propri figli ma all’umanità intera il patrimonio ereditato e che ha conservato, valorizzato, tutelato per le prossime generazioni.
L’arte per definizione rifiuta i vincoli, le limitazioni, le perimetrazioni negli angusti confini territoriali e nelle categorie e convenzioni politiche del momento. Per questo, addurre alibi all’adesione alla Convenzione secondo i quali questa autorizzerebbe la censura di opere d’arte in nome della tutela di sensibilità altrui, a me appare mera propaganda oscurantista in quanto leggendo e comprendendo bene lo spirito della Convenzione è palesemente chiaro l’intento ispiratore: rendere tutti partecipi e protagonisti attivi della tutela culturale del proprio territorio.
Sostanzialmente la Convenzione rimarca infatti “il valore ed il potenziale di un’eredità culturale usata saggiamente come risorsa per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita, in una società in costante evoluzione”, riconoscendo la responsabilità individuale e collettiva nei confronti del patrimonio culturale e sottolineando l’importanza della sua conservazione ed il suo ruolo nella costruzione di una società pacifica e democratica; ribadisce “la necessità di mettere la persona e i valori umani al centro di un’idea ampliata e interdisciplinare di eredità culturale” e afferma la necessità di coinvolgere ogni individuo nel processo continuo di definizione e di gestione dell’eredità culturale.
Quando negli anni capolavori mondiali artistici e culturali, simboli i appartenenti all’umanità e non solo ai territori su cui insistevano, come – solo per citare due tra gli innumerevoli esempi europei- la Cattedrale di Notre Dame de Paris o la Fenice di Venezia, sono state drammaticamente ferite, si può dire che il mondo intero si è mobilitato, non solo emotivamente, ma anche materialmente offrendosi di contribuire alla ricostruzione, a riprova di quanto queste opere d’arte siano considerate patrimonio comune.
Il patrimonio culturale di una nazione costituisce l’identità di un popolo, ma allo stesso tempo, alimenta principi di dialogo tra i popoli, perché la diversità delle culture, nel reciproco rispetto delle differenti identità, è una ricchezza inestimabile dell’umanità nel suo complesso e il danneggiamento o la distruzione di alcuni di essi ferisce e chiama in causa l’intera compagine umana.
Per questo la meritoria iniziativa che il tuo comune ha intrapreso, tra i primissimi in Italia, riveste un’importanza culturale e politica fondamentale e può fare da apripista ad altre amministrazioni locali che con lungimiranza vogliano attivare sinergie tra cittadini e istituzioni nella consapevolezza che considerare il patrimonio culturale come bene comune, ponendo al centro le persone e le comunità del territorio, rendendole protagoniste attive, aumentandone la partecipazione civica e rendendole sempre più consapevoli e promotrici dell’accesso all’eredità culturale in cui si identificano, significa ipotecare con lungimiranza il futuro e la trasmissione di quel patrimonio per le generazioni future.