Vaccinazioni, i sindacati: “Umbria fanalino di coda in Italia, così non va”

168

Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria esprimono forte preoccupazione per la lentezza con cui sta procedendo la campagna di vaccinazione anti covid-19 in Umbria. Secondo gli ultimi dati ufficiali del Governo nella nostra regione sono state somministrate 46.611 dosi sulle 76.435 consegnate, pari al 61%, uno dei dati più bassi d’Italia (solo Calabria e Sardegna hanno dati peggiori). Ma se si guarda al rapporto tra vaccini somministrati e popolazione, l’Umbria è addirittura ultima in Italia, con appena l’1,69% della popolazione che ad oggi è effettivamente vaccinata (avendo ricevuto la seconda dose), contro ad esempio il 3,08% dell’Emilia Romagna, il 3,17% del Piemonte e addirittura il 4,19% della provincia autonoma di Bolzano.

“È evidente che questo primato negativo, per di più in un territorio ad altissimo livello di contagio e in cui la pressione sulle strutture sanitarie è ancora massima, è inaccettabile e richiede un immediato cambio di passo – affermano Cgil, Cisl e Uil – Le nostre organizzazioni da tempo chiedono programmazione partecipata, che consenta di migliorare un’organizzazione evidentemente deficitaria della campagna e soprattutto preveda l’immediata inclusione tra le categorie da vaccinare, di tutte quelle lavoratrici e lavoratori che, pur non avendo un contratto di diritto pubblico, svolgono la propria attività all’interno di strutture pubbliche, come ospedali e scuole.

I sindacati si riferiscono in particolare a lavoratrici e lavoratori della cooperazione o di società partecipate che svolgono attività di mensa, pulizia, assistenza, educazione all’infanzia, front-office, etc., in molti casi fianco a fianco con personale già vaccinato o in via di vaccinazione. “Queste palesi forme di discriminazione, che peraltro comportano un rischio per la salute collettiva, oltre che per lavoratrici e lavoratori direttamente coinvolti, vanno subito sanate – concludono Cgil, Cisl e Uil dell’Umbria – Altrimenti saremo costretti a ricorrere a tutte le forme di mobilitazione possibili per garantire un diritto fondamentale, come quello alla salute”