Grande successo al Teatro Mengoni di Magione, per la riproposizione della tradizionale rappresentazione teatrale del Segavecchia organizzata dalla Proloco di Magione e portata in scena dal gruppo di figuranti del Segavecchia, che ne custodisce ancora testi e costumi. Una platea gremita, con pubblico di ogni età, che ha riso, applaudito e rivissuto una grande tradizione del nostro paese: dalle case contadine al palco, storie e battute che vengono tramandate da più di mezzo secolo.
“È stata una serata di puro divertimento – commenta Alessandra Grilli, presidente della proloco – grazie al fantastico gruppo del Segavecchia che ha portato in scena una parte importante della tradizione magionese. L’associazione Turistica Pro Magione ha promosso l’iniziativa, con grande entusiasmo e piena condivisione: la soddisfazione più grande è stata vedere realizzata la sopravvivenza di un rito che, grazie all’impegno dei componenti vecchi e giovani del gruppo, rivive ancora e viene tramandato con passione da una generazione all’altra. Un ringraziamento particolare va anche al Comune di Magione che ha patrocinato l’evento.”
Il Segavecchia è un antico rituale che affonda le radici in epoca precristiana e si tratta di un vero e proprio rito propiziatorio i cui elementi, che assumono uno specifico significato nel contesto dei nuclei agricoli, tendevano ad incrementare la rinascita della natura tramite il significato di ciò che è vecchio e, di conseguenza, deve morire per permettere il suo stesso rinnovamento. Si svolge a metà Quaresima, cioè nel momento in cui l’inverno lascia spazio alla primavera, e sottolinea la fine di una fase e l’inizio di una nuova, la fine del vecchio, del male, della morte che appartengono ad un ciclo ormai concluso per permettere la purificazione e l’avvento del nuovo tramite la distruzione pubblica dei precedenti malanni.
Esso può essere concepito dunque come un rito di eliminazione e purificazione attraverso il quale favorire l’avvento della nuova stagione. In questo segna il risveglio della natura dopo la pausa invernale. La vecchia incarna tutti gli aspetti negativi della stagione passata e perciò paga con la sua stessa vita e, il fatto che dopo essere stata “segata” torni a vivere, simboleggia il ritorno alla vita dopo la pausa invernale. Nella tradizione umbra, la vecchia appare, all’inizio, come una quercia che va abbattuta, proprio perché vecchia. Ciò permette di individuare la simbologia della morte e della rinascita della vegetazione.
Il linguaggio usato è volutamente colorito, perché attraverso la licenziosità dello stesso è facile cogliere il sorriso, lasciar sfogare la gioia; questo è importante per la superstizione popolare poiché se non vi fosse l’ilarità durante la rappresentazione, i raccolti andrebbero male, l’annata agricola non avrebbe un esito felice. Il contenuto della farsa è piuttosto semplice; il gruppo, arrivato davanti ad una casa colonica, chiede, cantando, al capofamiglia di entrare. Ricevuto il permesso, può dare inizio alla rappresentazione che si svolge in cucina o in una grande stanza.