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mercoledì 29 Gennaio 2025
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A Magione in scena “Salto di specie” di Collettivo Controcanto

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Prosegue la Stagione 24/25 del Teatro Mengoni di Magione, organizzata dal Teatro Stabile dell’Umbria in collaborazione con l’amministrazione comunale. Sabato 1 febbraio alle 21 Controcanto Collettivo porta in scena Salto di specie, un’indagine sul tema dell’empatia tra esseri viventi e sui meccanismi che ne favoriscono o ne arrestano il flusso. In scena gli attori Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero e Clara Sancricca.

La relazione tra uomo e animale nella nostra porzione di mondo vive in certo senso di un paradosso: al rapporto stretto e quasi filiale che spesso l’uomo instaura con alcune specie animali fa da contrappunto lo sfruttamento indiscriminato e indifferente che riserva ad altre. Cosa impedisce all’empatia di propagarsi? Come si costruisce e come si abbatte l’argine che la confina?

“Noi esseri umani siamo al vertice del creato, là dove ci hanno messo i greci e inchiodato i cristiani. – spiega la regista Clara Sancricca – Dal nostro trono di superiorità intellettuale e adattiva abbiamo imparato a servirci del resto -minerale vegetale o animale che fosse- a nostra discrezione, senz’altro limite che quello della nostra convenienza. Eppure nei secoli, e più forte negli ultimi, abbiamo imparato anche l’amore per alcune creature non umane, ammettendole nella sfera della nostra cura, attenzione e compassione. Le abbiamo accolte nelle nostre case, integrate nelle nostre vite, annoverate tra i nostri affetti. Alcune, però. Non tutte. L’orizzonte della nostra empatia abbraccia ciò che ci è vicino, ciò che ci è visibile e soprattutto ciò che ne è ritenuto degno. Ma i confini di questa dignità sono tracciati con un righello ambiguo e spietato; un criterio di utilità, di gusto e persino di capriccio, che ci piace e ci serve chiamare – alternativamente – natura o cultura. Così l’armatura del nostro sguardo separa le sofferenze animali degne della nostra compassione da quelle che ne sono indegne, fa che essa si dispieghi copiosa dove la crediamo coerente e rimbalzi senza rumore contro gli argini che le abbiamo costruito, oltre i quali la pietà si fa inopportuna, un po’ patetica e spesso risibile. Ma se per un palpito, o anche solo per accidente, qualcosa ci disarmasse lo sguardo e se lo sguardo disarmato tornasse più libero di vedere, al di fuori, al di sopra, al di sotto delle categorie con cui abbiamo imparato a conoscere le cose e persino ad amarle, allora magari i tracciati potrebbero confondersi, le gerarchie saltare e potrebbe aprirsi uno spazio dove niente sia valido se non la misura del dolore”.

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